Il convittore

Una storia d'amore

Il convittore Una storia d'amore è un romanzo scritto da Franco Zizola e pubblicato dall'editore Lunargento nel 2021 a cura di Silvana Leggerini.
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Trama

Una penna stilografica, qualche penna biro, una macchina da scrivere Olivetti Lettera 22, un foglio di carta carbone tra due fogli di carta sottile, quasi velina, per la stampa in duplice copia: oggetti desueti, nessuno scrittore li usa più. I giovani li guardano con curiosità. Questi strumenti hanno permesso di far rivivere le parole scritte in un diario, il diario di un giovane di vent’anni che vi ricostruisce la propria adolescenza e la prima giovinezza tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta. Stupisce la limpidezza del linguaggio nel ricordo di avvenimenti tanto particolari, ma soprattutto degli stati d’animo, vissuti fra grandi entusiasmi e grandi delusioni, nell’immenso bisogno di amore di un ragazzo dotato di una sensibilità eccezionale, costretto a vivere per tanti anni lontano dalla propria famiglia, prima nel Convitto Nazionale di Teramo, poi nel Convitto Nazionale di Assisi, fino alla Maturità. Questi appunti, rimasti chiusi in un cassetto, costituiscono la prima e la seconda stesura del romanzo Il convittore, che soltanto nel 1968 sarà pubblicato dall’editore Bino Rebellato, dopo molte revisioni da parte dell’Autore, l’ultima delle quali nel quinto anno del suo soggiorno a Milano. La redazione data alle stampe rivela un linguaggio più asciutto, più nervoso, più avaro di particolari e di descrizioni, proprio di un periodo di grande sofferenza. La rivista Il ragguaglio librario, gennaio 1971, lo recensisce come "un itinerario discontinuo e tortuoso, ricco di contraddizioni, paradossi, violenze presto sopite in disperati abbandoni, in un’accorata nostalgia di tenerezza". Di quel libro rimangono oggi solo pochissime copie. Con grande sorpresa ed emozione ho ritrovato e decifrato queste pagine e le ho trascritte, "contaminando" le prime due stesure, e cercando un nuovo titolo, senza però aggiungere alcun pensiero né parola che non fossero dell’Autore. Le brevi poesie adolescenziali, mai uscite finora da alcuni quaderni che conservo gelosamente, erano molto care all’Autore: "Luci ed Ombre, pensando a come le mie giornate fossero così luminose e così tristi, come la gioia seguisse la malinconia, il titolo del piccolo quaderno di poesie".

Silvana Leggerini ha condiviso con Franco Zizola tutta la vita, in una storia iniziata tra i banchi del Liceo Properzio di Assisi e proseguita, dopo il periodo universitario, a Montebelluna, dove sono nati quattro figli. Ha insegnato matematica e fisica presso il Liceo Primo Levi. Si occupa di divulgazione scientifica ed è custode dell’eredità culturale dello scrittore.

Critica

Che esperienza leggere "lo stesso libro" scritto dallo stesso autore a distanza di 30 anni. Un vero viaggio in una dimensione ignota dell'essere. "Il convittore" ti fa respirare l'atmosfera di quel mondo esclusivo che solo chi l'ha frequentato a lungo è in grado di conoscere. Quell'atmosfera l'ha fatta respirare a me che in collegio non ci sono mai stata, posso immaginare che tuffo nel passato sia stato per chi leggendolo riconoscesse la propria adolescenza.

"Il convittore" è pazzesco, pensando che l'autore aveva vent'anni quando lo scriveva. È introspettivo di riflesso, nel senso che permette una propria introspezione forte e profonda attraverso quella del giovane autore. La frustrazione e l'introversione (si dice così?) di quel ragazzo, manipolato e costretto ad essere chi non è e faticare così tanto per comprendere chi vuole essere, da una cultura intransigente che gli stava stretta, ma alla quale non aveva la forza di ribellarsi completamente, mettono il lettore davanti alle proprie ombre, alle proprie introversioni e alle proprie frustrazioni. Potente! Un libro davvero potente, per quanto acerbo. Ma il fatto che sia acerbo lo si scopre solo leggendo il "sequel". E' incredibile l'evoluzione dell'autore anche se si sente profondamente che chi scrive "Palo Rosso" è la stessa persona che ha scritto "Il convittore" con le stesse inquietudini, con gli stessi punti non risolti anche se osservati e mostrati da una prospettiva incommensurabilmente più matura. Sembra quasi che siano state realizzate due opere in ambiti diversi.

"Il convittore" rimane nell'ambito della letteratura, mentre "Palo Rosso" suscita le stesse emozioni di un quadro o di una musica. Un modo di scrivere quello di Franco Zizola adulto davvero particolarissimo e profondamente emozionante. Riesce davvero con le sue parole a coinvolgere tutti i sensi. Grazie grazie grazie! E' stato davvero bello e importante leggerli!

(Giovanna Garbuio)

Dati dell'opera

  • Editore: Lunargento
  • Prima edizione: 2021
  • A cura di: Silvana Leggerini
Una città di sogno, sul colle investito dai raggi dell'ultimo sole, Assisi. La terra ancora più verde. Guardavo in alto, sembrava viva la città, il cielo, un azzurro intenso. Salimmo sul pullman, un po' scassato come quello che collega il mio paese alla stazione. Il sole tramontava dietro Perugia, mai avevo visto qualcosa di tanto meraviglioso. Pensavo a Te, Signore, Ti ringraziavo per tutto quello che vivevo. Assisi, solita impressione, parla di pace a chi vi arriva la prima volta. Il collegio è un edificio importante, pietre bianche e rosa, alternate, come tutte le case costruite fuori delle mura medievali, in tempi recenti; la pietra del Subasio color rosa rende vivente la città. Dinnanzi al collegio uno spiazzo, la corsa a pallone dei ragazzi vi hanno tolta tutta l'erba, bianco di breccia e di polvere. Varcando il portone, capii di entrare in collegio, di dover affrontare un nuovo ambiente, farmi degli altri amici, per non vivere un anno da solo.
Osservavo ogni sera il sole morire davanti a me, sentivo le grida delle rondini riempire il cielo, la notte mi interrompevano lo studio i canti dei giovani che passavano nella strada. Più tardi nessun rumore. Tenevo aperta la finestra, per godermi un po’ di fresco, giornate afose di giugno. Prima di addormentarmi rileggevo le parole di Anna. Il mattino mi svegliavo con la luce, studiavo ancora prima di colazione. Mi dava gioia un lavoro così intenso, avevo uno scopo, non avevo tempo per malinconie. Finire la vita di collegio, andarmene e incominciarne un’altra, senza divisa, libera, poter stare vicino ad Anna sempre, avere per la prima volta una persona con cui parlare, una persona a capirmi e da capire. Questo pensiero mi spingeva a studiare pazzamente.